Quattordici giorni

Varcò la porta di casa ed emise un debole fischio di soddisfazione.
Si buttò sul divano, fece volare le scarpe oltre il tavolino del salotto ed iniziò a comporre svariati messaggi, tutti simili, sullo smartphone.
La sostanza del discorso fu: mia madre è risultata positiva al Coronavirus. Avendola appena frequentata dovrò stare chiuso in casa per quattordici giorni. Non ho sintomi particolari. Manderò aggiornamenti.
Dopo un’ora dedicata a rispondere alle raccomandazioni ovvie, si accese una sigaretta e iniziò a pensare alle cose che poteva fare in quelle due settimane di noia.
Rimase sveglio fino a tarda sera per elaborare i propri progetti.
Il giorno successivo decise di rilassarsi: guardò alcune serie televisive e verso la mezzanotte appoggiò il cellulare spento sul tavolino della sala.
Indossò un cappello a lunga visiera e la mascherina d’obbligo in quel periodo, un giubbotto scuro, jeans e scarpe nere ed uscì.
Rientrò a notte fonda, lasciò i vestiti ben piegati nell’armadio dell’atrio ed andò a letto.
Tutte le sere successive ripeté il medesimo rituale.
Il decimo giorno, prima di uscire, passò in cucina e sfilò dal ceppo di legno uno dei coltelli che collezionava per il taglio della carne e del pesce, un aggeggio particolarmente affilato.
La mattina dell’undicesimo giorno, si svegliò ed accese lo smartphone. Era tempestato di messaggi: tutti parlavano della morte di Francesco.
Il poverino era stato accoltellato nel parco, in un angolo buio del parco, di ritorno da quel locale in cui faceva le ore piccole.
Erano tutti sconvolti. Nessuno mancava di esprimere, oltre al dolore, le proprie convinzioni su chi potesse essere il colpevole. Un drogato, un extracomunitario, uno spacciatore extracomunitario e drogato, uno psicopatico…
Rimase sul divano coll’immancabile sigaretta in bocca a leggere e intervenire di tanto in tanto.
Il dodicesimo giorno telefonò agli amici più stretti dicendo che non sarebbe potuto intervenire al funerale di Francesco.
– Maledetto Corona-virus! – proferì con rabbia prima di chiudere ogni conversazione.
Il tredicesimo giorno, una bella mattina di sole intorno alle dieci, nell’esatto momento della celebrazione funebre, aprì il frigorifero e recuperò una bottiglia di Prosecco di Valdobbiadene. Si concesse un lungo sorso di vino ed iniziò a pensare all’ultimo giorno della detenzione forzata.

Red Harvest

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