Il virus e la disoccupazione

Il mio lavoro non è divertente, anzi…, però mi fa campare.
I clienti mi forniscono alcune commesse. Una per volta le studio nei minimi particolari per essere sicuro di raggiungere lo scopo prefissato e lo faccio grazie a noiose ricerche su internet. Mi devo rendere conto del contesto in cui mi muovo e quindi devo reperire più informazioni possibili.
In seguito ci sono le lunghe ore d’attesa e gli spostamenti, normalmente in auto, ma anche in treno o in aereo a seconda del luogo che devo raggiungere.
Finalmente con l’ultimo viaggio, quello decisivo, prendo contatto con l’obiettivo finale per smerciare il lunario.
Ho sempre pensato a tutti quelli che, come me, viaggiano per lavoro e devono affrontare i tempi morti, la monotonia, le strade sempre trafficate, giorni spesso identici tra loro. Poi hanno a che fare non di rado con gente scorbutica che guida o cammina per strada.
Beh, ora vi stupirò: in questi mesi ho perfino nostalgia di tutto questo…
I miei clienti non mi forniscono più commesse con la scusa del Coronavirus: troppi spostamenti dicono e quindi troppi rischi di essere fermati, multati e di perdere tempo senza raccogliere i frutti del lavoro.
Non sono assunto con un contratto regolare e non posso dimostrare di essere in giro per lavoro. Dunque…
Me ne sto qui a maledire questo rognoso virus, il governo e, ogni tanto senza farmi troppo sentire, anche i clienti.
Speriamo che presto tutto torni alla normalità e che possa ritornare a guadagnarmi il pane.
Come dite? No, non faccio il rappresentante di commercio, avete capito male. Sono un sicario.

Red Harvest

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