Terrore al Giambellino

Goran e Zoran lavoravano da qualche tempo nel ramo delle Ferrovie: per essere più precisi ultimamente si interessavano a quel particolare campo dell’attività collegata ai binari.
Conoscevano a menadito la stragrande maggioranza dei tratti ferrati presenti nel sudovest milanese. Quegli spaghetti metallici che portavano a destinazione qualunque locomotiva e vagone che passava di lì.
Ligi al lavoro avevano perfino stabilito di soggiornare vicino alla stazione ferroviaria di San Cristoforo nell’estrema periferia della metropoli. Quella piccola stazione connetteva tutti i paesoni che costeggiavano il Naviglio Grande partendo da Abbiategrasso e convogliava i pendolari verso alcune grandi stazioni di Milano come Lambrate e Porta Garibaldi.
Goran e Zoran erano fratelli, anzi fratellastri da parte di madre. Lei era una megera che li aveva abbandonati in tenera età per trasferirsi all’estero. Aveva seguito l’uomo che frequentava in quel momento, un energumeno manesco che pretendeva di non avere nessun impiccio fra i piedi. Figuriamoci figli non suoi.
La madre non si era preoccupata di sistemarli, non potevano essere affidati ad altri parenti visto che tutti sistemati in altri lidi ben lontani. Se ne era semplicemente andata. I due fratellastri l’avevano aspettata per qualche giorno poi avevano iniziato a cavarsela da soli. Vivendo insieme nelle baracche spuntate qua e là nei post più nascosti di Milano. Sistemandosi in luoghi non troppo popolati per non dare nell’occhio. E fidandosi solo l’uno dell’altro.
Erano passati parecchi anni. Goran e Zoran non sapevano quanti anni potessero avere. Calcolavano circa trenta.
Capitava che, nelle lunghe notti invernali davanti alla minuscola stufetta a gas, ricordassero le avversità dei tempi andati.

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