Allucinazioni all’Idroscalo

La rotta delle nuvole tagliava la città da est verso ovest, ma formava solo una piccolissima scia che intaccava a malapena il cielo di un blu irreale.
Ernesto si svegliò al primo albeggiare. Uscì dalla stanza da letto con estrema cautela per non svegliare Roberta che dormiva beata. Lei avrebbe iniziato la risalita al mondo dei vivi un paio d’ore più tardi.
La baciò con delicatezza e uscì sulla terrazza che dominava Largo Porto di Classe. Scrutò il cielo e stabilì che la giornata era propizia.
Il pensiero gli fece aprire un sorriso spontaneo che sottolineava il bianco di una dentatura perfetta.
Ernesto era sulla trentina. Sfoggiava un’acconciatura rasta di capelli biondi che arrivava fino al fondo della schiena. Gli occhi scuri e acquosi non permettevano mai di far comprendere con precisione il suo stato d’animo.
“Oggi è il giorno giusto per continuare il lavoro” sussurrò a denti stretti, cercando di infondersi il coraggio necessario per uscire a quell’ora.
Rientrò nell’appartamento e riempì la moka. Si preparò alla bell’e meglio nell’attesa che salisse il caffè. Indossò una maglietta slabbrata con l’immagine di un gruppo reggae, The Heptones, e un paio di pantaloni corti verde militare che facevano risaltare le gambe muscolose.
Consumò una rapida colazione e preparò con scrupolo lo zaino. Verificò un’ultima volta di non aver dimenticato nulla e scese le scale con baldanza.
Lasciò un biglietto sul mobile dell’ingresso per avvisare Roberta che avrebbe fatto tardi.
Il cortile era deserto a quell’ora. Tutte le ante delle finestre erano chiuse. Ernesto aprì il catenaccio ed inforcò la bicicletta ereditata dal nonno. L’aveva riparata e coccolata fino a farla diventare praticamente nuova. Non usava che quella.
Percorse rapidamente viale Argonne. A quell’ora la strada era completamente sgombra e non si vedeva anima viva. Pedalò con lena e imboccò via Marescalchi.
Giunse fino all’inizio della salita del cavalcavia Buccari.
Salì sui pedali e affrontò quel breve tratto di salita mentre abbracciava con lo sguardo l’intera fisionomia dell’Ortica con la sua piazza e la chiesa che delineavano con precisione il profilo del vecchio paese che fu.
Si bevve tutto di un fiato il rettilineo della ciclabile di via Corelli e via Rivoltana fino a costeggiare il vecchio Luna Park. Non poté fare a meno di notare la dignitosa decadenza di alcuni dei divertimenti che resistevano fin dalla sua infanzia.

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