X digitava convulsamente sulla tastiera rispondendo agli insulti che aveva subito nelle varie discussioni virtuali.
Da quasi quattro ore si divertiva ad inveire a destra e a manca contro i suoi nemici e le dita danzavano con maestria sulla tastiera come durante l’esecuzione di un brano di Mozart.
Aveva dovuto digitare migliaia di ore per ritagliarsi quello spazio di “bastian contrario” in una frequentatissima chat. Ormai si era fatto un nome: tutti conoscevano il suo nickname e sicuramente consideravano con timore la foto minacciosa che l’accompagnava.
Altrettanto tutti lo aspettavano al varco, scaltri come faine, per rinfacciargli ogni sbavatura dei commenti che pubblicava quotidianamente sui più svariati temi di cui poco conosceva, ma molto supponeva.
“Bene, bene…” sospirò, mentre si sgranchiva le falangi.
Rivolse l’attenzione alla frase di Y. In un attimo lo investì con una tempesta di offese azzeccate. Passò a sistemare Z lanciando l’ennesima frase lapidaria che non si preoccupava di nascondere il disprezzo che provava per lui. E poi bisognava rimettere J al proprio posto…
Sfogava la rabbia repressa, e lo faceva senza nemmeno regalare soldi al suo psicologo mangiasoldi. Cosa c’era di meglio?
Improvvisamente suonò il campanello. Imprecò ed abbandonò di malavoglia il campo di battaglia. Aprì l’uscio di scatto, seccato da quella interruzione che lo disturbava in un momento cruciale. Si trovò di fronte un ometto gracile col viso esangue rianimato solo da due occhietti spiritati.
“Questa è la mia risposta al tuo ultimo insulto” sibilò sottovoce l’ospite mentre scaricava l’intero caricatore della pistola di piccolo calibro dotata di silenziatore.
X cadde all’interno dell’appartamento con lo sguardo rivolto al soffitto anche se gli occhi aperti ormai non potevano vedere nulla.
K si guardò intorno e chiuse dolcemente la porta.
Red Harvest