Imprevisti

Il poliziotto aveva appena finito di consumare un’abbondante colazione.
Fumava la prima sigaretta della giornata e raccontava al figlio, un bambinetto che lo fissava con lo sguardo estasiato di un adepto che guarda il vero dio in terra, le avventure di quando era giovane.
Era un uomo corpulento, né alto né basso, e quel gesticolare in maniera scomposta lo faceva assomigliare a un gorilla del giardino zoologico.
“I colpi di pistola di quel maledetto mi sfiorarono e riuscii a nascondermi dietro all’auto che bruciava. Poi rotolai a terra e con un colpo secco lo centrai esattamente…” fu interrotto dalla moglie che entrava in cucina.
Indossava una vestaglia che nascondeva a fatica il seno opulento ed aveva i capelli di un colore indefinito addobbati da bigodini colorati che trasformavano la sua zucca nella copia di quegli alberi natalizi che vengono esposti negli empori cinesi.
La donna ricordò l’ora al marito e lo richiamò in camera da letto per cominciare la vestizione mattutina. Con braccia rigide e passo marziale, come trasportasse una reliquia, portò la divisa d’ordinanza lavata e stirata di fresco.
Il poliziotto indossò gli abiti lindi mentre si rimirava allo specchio e, al contempo, osservava compiaciuto il piccolo erede che nel frattempo si era trasferito e valutava ogni minimo particolare dei gesti del padre.
Con grande teatralità, sempre in favore della suo pubblico intimo, controllò che la pistola fosse ben salda nella fondina e sistemò, ben visibile nella tasca esterna, il distintivo che avrebbe dovuto mettere in allerta tutti quelli che lo incrociavano per strada. Calò il berretto sugli occhi facendolo aderire a fatica al cranio tondo e stempiato.
Strinse un’ultima volta i lacci degli anfibi, baciò la consorte ed accarezzò la testa del pargolo strizzandogli l’occhio.
“Con tuo padre che vigila sulla città” proferì “la sicurezza è garantita”.
A passo rapido si diresse alla porta e si voltò regalando un ultimo cenno di saluto alla famiglia.
Uscì, attraversò il corridoio e prese l’ascensore.
Al pianterreno inforcò i gradini che lo dividevano dall’uscita, ma inciampò nella scopa che la portinaia aveva abbandonato lì per pura distrazione.
Perse l’equilibrio e compì una parabola che lo portò a sbattere sullo spigolo metallico del portone mentre il suo sguardo, nel volgere di quei pochi attimi, veniva stravolto dal terrore.
Il cappello non poté attutire minimamente l’impatto. Ci rimase secco.

Red Harvest

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