Il peso della cultura

Capitava che il vecchio generale contemplasse gli alti scaffali laccati. Luccicanti torri d’avorio che si inerpicavano fino al soffitto.
Erano state progettate su misura seguendo alla lettera le sue indicazioni, ma il risultato finale era il parto della mente di un arredatore che non aveva creduto vero di poter piazzare l’ennesima patacca infiocchettata e rincarata a dovere. Queste sottigliezze, in ogni caso, non riguardavano quello sguardo che coccolava le proprie creature esposte su quella libreria.
Aveva disposto centinaia di volumi in una disposizione concepita con la meticolosità di un piano di battaglia.
Mano a mano che quella miriade di libri planava sui ripiani il generale aveva visto formarsi, pezzo per pezzo, il puzzle che aveva già creato nella mente.
Il generale era ormai vedovo da quasi dieci anni e proprio la morte della consorte l’aveva stimolato a coltivare con maggior trasporto la passione per la lettura.
I libri gli avevano permesso di superare indenne quelle lunghe e buie giornate d’inverno solitarie alla fioca luce della legna che sfrigolava nel caminetto in un angolo della sala. I romanzi lo facevano evadere da quel mondo caotico e complicato che aveva sempre vissuto in bilico tra esercitazioni e missioni all’estero per scovare i terroristi: quelli che si nascondevano negli asili nido, dentro gli ospedali oppure viscidamente coperti dietro a bambini, donne e storpi.
Ora viveva in un’oasi di solitudine interrotta, di tanto in tanto, dalla donna delle pulizie oppure dalle rare uscite che soddisfacevano i desideri più impellenti.
Col passare del tempo lo svago si era trasformato in una mania.
La collezione di volumi era cresciuta rigogliosa come una pianta nelle foresta tropicale.
Quella sera era sistemato sulla poltrona. Leggeva e sorseggiava un raro brandy. Il liquore scendeva nella gola con gioia e riscaldava il corpo in modo piacevole senza dar troppo conto dell’alta gradazione. Era giunto ad un punto fondamentale del racconto quando d’improvviso suonò il campanello di casa. Un suono inaspettato ad un’ora inaspettata.
Il generale ripose il volume sulla poltrona, si sistemò l’elegante vestaglia e si alzò leggermente barcollante.
“Chi è?” chiese il generale alzando troppo la voce, dato che si era fatto cogliere impreparato.
“Mi scusi se la disturbo a quest’ora. Sono il figlio della vicina di casa” miagolò una vocina sottile. “La mamma mi ha detto che possiede tantissimi libri e che legge molto” continuò il ragazzino “Mi chiedevo se potesse prestarmi un libro che non ho trovato alla biblioteca comunale”.
Il vecchio militare rimase incerto tra l’orgoglio per l’inaspettato riconoscimento del vicinato ed il timore di quell’incontro ravvicinato. Ma il dubbio si sciolse come neve al sole e la vanità prese il sopravvento.
Aprì la porta e si trovò a fronteggiare un adolescente brufoloso che lo osservava con un certo timore spostando continuamente lo sguardo a destra e a sinistra senza mai fissarlo negli occhi.
Il vecchio lo scrutò con la tipica severità di chi si rivolge ad una recluta e lesse il titolo del libro sul foglietto spiegazzato nella mano del giovane. “Aspettami qui un minuto e non ti muovere. È un favore speciale. Hai due giorni a disposizione per leggere il libro e riportarlo indietro esattamente come l’hai ricevuto” lo apostrofò.
Ricevuto un cenno d’assenso dal giovane gli chiuse la porta in faccia ed iniziò a girare per la casa. Adocchiò l’opera nell’ultimo scaffale della sala lettura. Prese la scala e si inerpicò sui pioli per raggiungerla.
Giunto all’altezza giusta ebbe un breve capogiro e cercò di aggrapparsi alla libreria per non cadere. Ottenne come unico risultato quello di tirarsi addosso tutta l’enorme struttura con i testi che conteneva.
Morì così: schiacciato sotto un cumulo di libri. E forse, ad averlo saputo, sarebbe stato perfino felice di quell’epilogo romanzesco.

Red Harvest

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