Chandler&Hopper

Non è un mondo profumato”.
Raymond Chandler

Avete fra le mani un romanzo di Raymond Chandler, uno qualsiasi.
A che cosa vi viene in mente di pensare? Probabilmente (diciamo probabilmente perché, di certo, c’è soltanto l’inettitudine del “Governo della quarantena”, quello che, fra l’altro, vi costringe a leggere le indagini di Philip Marlowe sul divano di casa, piuttosto che comodamente seduto sulla panchina di un parco pubblico) a Humphrey Bogart, in una delle scene di The big sleep, il film del 1946 diretto da Howard Hawks.
Se in luogo del Cinema, ci spostiamo alla Pittura, qual è l’opera che vi viene pressoché d’istinto di associare al famoso personaggio nato dalla penna e dalla fantasia di Chandler?
Vi proponiamo la nostra personale risposta: Nighthawks (I nottambuli), uno dei capolavori che Edward Hopper dipinse nel 1942.
Diamo per scontato che conosciate i lavori di Hopper, il cui autoritratto potete vedere qui sotto:


Hopper è considerato, a buon motivo, uno dei maggiori artisti del cosiddetto “Rinascimento americano”. Detto questo, torniamo a Chandler, ed al romanzo che avete fra le mani.
E che potrebbe avervi ricordato Nighthawks.

Il quadro di Hopper ritrae un ristorante (un diner) semideserto all’angolo di una qualsiasi strada di una qualsiasi città, in orario notturno, anche se chi scrive immagina si tratti di Los Angeles o, meglio ancora, di San Francisco. Poche figure, alcune, solo alcune, ombreggiate da una luce discreta, altre illuminate quasi violentemente. Uomini con il cappello a cencio, tipico di quegli anni, degli Anni delle inchieste di Philip Marlowe e di Sam Spade; volti a fatica visibili e, sulla destra, una donna elegantemente vestita, con i capelli tinti ed un trucco vistoso. Non un’impiegata, o una commessa, o una casalinga, comunque…
A permeare il tutto, un’atmosfera di solitudine diffusa, di “violenza sospesa”, rivelata dalle metalliche linee diagonali esaltate dalla prospettiva, dagli sgabelli allineati, dai corpi isolati, vicini ma ad un tempo lontani, dall’illuminazione ulcerante e dal suo riflesso angosciante sul marciapiede e da una vetrata che separa il microcosmo del diner dalla giungla metropolitana.
I nottambuli è l’esaltazione, in forma pittorica, della solitudine: non la sua rappresentazione (perché a rendere quella sarebbe stata sufficiente un’immagine fotografica), ma, lo ripetiamo, la sua esaltazione.
La stessa, in fondo, dei romanzi di Chandler: perché Philip Marlowe è prima di ogni altra cosa un “eroe” solitario: un singolo individuo che combatte contro il Crimine e vive in un mondo infelice e corrotto senza bisogno di un Partito che lo difenda e che lo rappresenti o di un Popolo (qualsiasi) che lo legittimi.

Luca Ariano

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