Marlowe e l’inchiesta divina

Dopo aver sostato davanti alla porta di legno il tempo che Dio ci mise per decidere di avere un figlio grazie alla “procreazione assistita”, l’uomo alzò lo sguardo sulla scritta a lettere nere un po’ scrostate e lesse: “Philip Marlowe. Investigatore”. Poi entrò.
– Buongiorno, mister Marlowe.
– Buongiorno a lei. A proposito: lei chi è? E perché è qui, in questo studio scalcinato dimenticato dall’esattore delle tasse e dai clienti danarosi?
– Ah, per il momento il mio nome non ha importanza. Quanto al motivo per cui l’ho cercata, è presto detto. Vorrei che lei trovasse le prove che mia moglie mi ha tradito, e con chi. E che il figlio che avrà fra poco non è mio figlio. Insiste per sapere come mi chiamo? Be’, il mio nome è Giuseppe, e sono proprietario di una grande falegnameria. Sono dunque un cliente solvibile…
– In genere non mi occupo di problemi del genere. Per lei, però, mi sento di fare un’eccezione.
Sa, siamo in periodo di crisi e il lavoro non cresce sugli alberi così che tutti lo possano liberamente cogliere… Comunque, come si chiama sua moglie?
Maria, si chiama Maria.
-Va bene, mister Giuseppi, pardon Giuseppe. Mi dia tutti i dettagli utili per avviare la mia inchiesta. Poi, quando avrò qualcosa di concreto fra le mani, le farò sapere…
– E per il suo compenso, mister Marlowe?
– Mi basta un anticipo di trenta denari, mi scusi: di trenta dollari.
Passò meno di una settimana, il tempo necessario ad un paio di pacchetti di Camel per colmare il portacenere dell’ufficio del detective e ecco presentarsi, inattesa come l’angelo dell’Annunciazione, una giovane ragazza. Tuttavia, considerato l’aspetto da madonnina infilzata, linee e curve alla Maria Elena Boschi comprese, meglio sarebbe dire “apparve”.
Disse di chiamarsi Maria. Un nome che il fatto di essere la moglie di Giuseppi, pardon: Giuseppe, l’imprenditore-falegname, rese meno scontato e banale. Maria voleva che Marlowe indagasse su qualcuno che, a sentir lei, l’aveva prima sedotta e poi ingravidata. Per poterlo denunciare agli occupanti romani per pedofilia, violenza carnale e circonvenzione di incapace (vista l’età e la dabbenaggine con cui si era fatta sedurre in cambio della promessa di essere scritturata per un kolossal biblico di Hollywood).
Marlowe ascoltò anche la storia di Maria. Quindi la congedò con la solita formula:
– Le farò sapere, appena avrò qualche novità per lei.
Passò un altro pacchetto di Camel bruciato nel portacenere prima che Giuseppi (e dagli!) e Maria facessero ritorno nell’ufficio di Marlowe. Questa volta insieme, senza mangiatoia, senza bambinello e senza l’intera scenografia della Tradizione.
– Ho una buona ed una cattiva notizia da darvi-, esordì Marlowe. –Da dove volete che cominci?
– Be’, dopo quella dell’arcangelo Gabriele, meglio cominci dalla notizia buona, mister Marlowe-, sussurrò con un filo di voce Maria.
– La notizia buona è che ho risolto entrambi i vostri casi. Che poi, ho scoperto, sono un caso solo. E’ stato comunque facile: mi è bastato leggere i Vangeli, cosa che non ho mai fatto prima in vita mia essendo notoria la mia allergia congenita per il profumo di incenso e per l’acqua santa, quest’ultima a condizione che non sia allungata con il gin. Entrambi siete stati vittime di qualcuno che sta troppo in alto, talmente in alto che neppure le sonde spaziali o gli astronauti yankee sono riusciti ad incontrarlo.
Il fumo della Camel che stringeva fra le dita fece in tempo a raggiungere il soffitto prima che il detective riprendesse.
– La notizia cattiva è una conseguenza di quella buona. Essendo il Signore in questione così potente, non è realistico pensare di fargli causa. Mi dispiace, credetemi, ma le cose stanno così. E io, a differenza di vostro figlio, non so fare miracoli…
Lo sguardo, deluso e reso cattivo dalla frustrazione, di Maria si spostò da Marlowe a Giuseppi (e insisti!). Per far subito posto ad un commento, è il caso di sottolinearlo, lapidario:
– Giusé Giusè: ci hanno fregato un’altra volta! Eravamo su “Scherzi a parte”, hanno scritto un best-seller su di noi e non ci hanno neanche pagato i diritti d’autore… Altro che padre Pio o Teresa di Calcutta, che, in Paradiso vivono ancor oggi di rendita: se non siamo santi noi…!

Luca Ariano
Giugno 2020

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