La guerra in cantina

Ambra scollegò il portatile e si concesse la copia sbiadita di un sorriso. Bastò quell’attimo per farla apparire bella come era.
La giornata di lavoro era stata interminabile. Un susseguirsi estenuante di riunioni vissute davanti allo schermo. Vestita e truccata di tutto punto fino al busto, il punto estremo che riusciva a sbirciare la telecamera. Le gambe strepitose libere di muoversi sotto la piccola scrivania. Col passare delle ore la forzata immobilità aveva iniziato a pesarle. Ora era finita.
“Si fottano…” sibilò alzandosi dalla sedia stiracchiandosi.
Passò l’ora successiva ad eseguire compulsivamente vari esercizi ginnici sul tappeto per rinforzare i muscoli della schiena. Si spogliò e lavò il sudore e l’insoddisfazione con una doccia. Mezza nuda si stravaccò sul divano impugnando lo smartphone.
Decise di aprire subito il suo profilo pubblico per Aprì il suo profilo per verificare cosa stesse accadendo all’interno del suo piccolo mondo, l’unico che la facesse sentire veramente importante.
Considerò cosa avrebbe potuto postare per far colpo sulla comunità virtuale. Cercò il nuovo pettegolezzo sulla star del momento. Consolò l’amica di tastiera che pubblicizzava la rottura con lo stronzo di turno.
Notò che ogni commento era riservato ad un solo argomento. E non c’era da stupirsene! Il suo bel paese era stato coinvolto in una guerra! Una guerra vera!
Ogni esperto della rete pontificava sull’imminente occupazione della città da parte delle truppe del nemico. Avevano agito con rapidità e precisione colpendo i centri nevralgici ed avanzando indisturbati.
Lesse con crescente angoscia i commenti del popolo social. Da un lato si fomentava l’odio verso quel paese di cui nessuno sapeva molto e dall’altro si condividevano analisi minuziose sulle prime misure da prendere per mettersi in salvo.
Divorò tutto lo scibile in un sol boccone, ma l’ansia prese a pervaderla come fosse inseguita da una muta di bracchi.
In quell’istante, ricevendo una conferma della situazione drammatica, udì un aereo che si avvicinava rapidamente e che la sorvolò con un rumore che le apparve sconcertante.
Ruppe gli indugi. Si vestì in tutta fretta, afferrò le chiavi ed uscì velocemente sul pianerottolo scendendo a rotta di collo per le scale deserte. Raggiunse in tutta fretta gli anfratti del palazzo.
L’unico luogo sicuro per salvarsi dai raid aerei.
Discese diverse rampe di scale che la condussero alla sua cantina, aprì il lucchetto della cantina e si barricò al buio. Visse ore snervanti.
Il maledetto telefono non prendeva. Lo usò per farsi luce, dato che aveva rinviato per troppo tempo la sostituzione della lampadina fulminata in quella piccola celletta.
Passò il giorno successivo ben nascosta, tentando di captare un qualunque suono che potesse rivelarle la situazione là fuori. Senza muovere un solo passo, riuscì a dissetarsi con qualche goccia d’acqua che fuoriusciva dal tubo condominiale deteriorato che, per fortuna, passava parallelo al soffitto della sua cantina. Rimase in quella situazione allucinante per due giorni e due notti.
All’inizio del terzo, quando la fame era talmente al culmine da scrutare con occhi diversi gli scarafaggi caracollanti che passavano ogni tanto, prese la decisione più difficile della propria vita.
Stava giusto aprendo la porta della cantina quando udì nitidamente dei passi strascicati che si avvicinavano e fu colta dal panico. Quel suono sinistro la fece ammattire.
“Mi arrendo, non fatemi male!” strillò alzando le braccia.
Dalla porta della cantina fece capolino una testa calva. Un anziano condomino che stava raggiungendo la sua piccola stanza sotterranea per infiascare il vino di nascosto dalla moglie.
Ambra lo squadrò con un’espressione interrogativa. Il pensionato riconobbe quella bella ragazza del quarto piano che ogni tanto lumava di nascosto dalla consorte. Era in uno stato pietoso. L’aiutò ad alzarsi con molta cautela e le offrì l’unico liquido di cui disponesse in quel momento.
Lei bevve avidamente quel liquido corposo fino a diventare brilla. Iniziò a interrogare il vicino, rinfrancata dal calore che ormai sentiva scorrere nel corpo, su quello che accedeva là fuori.
Il beone apprese che quella bella figliola, laureata e con un buon impiego, che si sosteneva senza ritegno al suo vecchio corpo, era l’ennesima trota catturata nella rete dei social.
Aveva letto sul suo giornale (di carta, s’intende) dell’esperimento condotto da un bontempone che voleva verificare il grado di creduloneria del popolo connesso e si era scatenato il panico.
“Quelle diavolerie moderne!” ebbe a commentare in un sussulto di indignazione, ma non passò un minuto che tornò a dedicarsi di nuovo al suo bicchiere di rosso.

Red Harvest

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