Resa dei conti in Bisceglie

Dal decimo piano Fabio godeva di una splendida vista. Da quell’altezza poteva ammirare lo smog che vestiva Milano come un abito su misura.
La spessa coltre, come nelle più riuscite esibizioni di vedo-non-vedo, alternava la visione disinibita dei grattacieli, che ormai spuntavano come funghi in varie zone della città, con i banchi grigiastri che li nascondevano per lunghi momenti.
Fabio scrutava quel panorama fosco dalla periferia occidentale di Milano, più precisamente dalla zona compresa in una specie di rettangolo con due lati irregolari che è quello racchiuso all’estremità inferiore da via Lorenteggio, sopra da via Ferruccio Parri all’altezza dell’affollato capolinea della metropolitana rossa. Il lato orientale è rappresentato dalla via Bisceglie mentre quello occidentale è il confine frastagliato di Cesano Boscone. Le trafficate ramificazioni stradali che portano verso il centro della città, oppure nella direzione opposta a seconda dell’orario, lasciano spazio al deserto quando giunge il calar della sera.
In quel quadrilatero sorgono una serie di palazzi mal assemblati risultato di probabili speculazioni su terreni che un tempo valevano pochi spiccioli.
Proprio in una di quelle grandi costruzioni lavoravano centinaia di persone.
Fabio, uno di loro, era un venticinquenne timido dall’aspetto ordinario che si sarebbe potuto confondere con molti altri. Aveva lineamenti regolari, di media statura e con una corporatura proporzionata.
Il particolare che lo distingueva dalla normalità erano gli occhi di un grigio ceruleo. Producevano uno sguardo che faceva intuire quanto fosse un tipo determinato nonostante le apparenze.
Svolgevano un’attività all’apparenza semplice, ma assai stressante e ripetitiva. Tutte le mattine si mettevano le cuffie sulle orecchie e aspettavano le chiamate dei clienti. Erano istruiti per risolvere problemi o almeno per provare a rinviarli. Ripetevano le stesse cose per centinaia di volte alla settimana.
“In cosa posso esserle utile?” “Ho effettuato la segnalazione all’ufficio competente.” “Posso aiutarla in altro?”
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