Parker su Hammett

Sono passati dieci anni (era il 18 gennaio 2010) dalla morte, a Cambridge, negli USA, di Robert B. Parker, uno scrittore di romanzi “gialli” (pubblicati in Italia da Mondadori) incentrati sul detective Spenser, un erede dei peraltro inimitabili Philip Marlowe e Sam Spade.
Parker, nel corso della sua attività, si occupò anche di Dash Hammett, di cui, più o meno fondatamente, era considerato un epigono promettente.
Qui di séguito, certi di far cosa gradita ai nostri lettori, riportiamo stralci delle sue osservazioni su Hammet tratti dal saggio Marx e i detectives.
“Hammett apprese l’arte dello scrivere lavorando in un mondo che, dopo il fiasco della prima guerra mondiale, trovava imbarazzante l’uomo d’onore e ingenuo parlare di onore.
Trovava necessario essere duri, e solo un atteggiamento cinico ragionevole. L’eroe hard-boiled è consapevole che l’onore non è definibile. Si è accorto che chi ce l’ha è fuori del tempo. Ma si sa anche che ci sono cose che un uomo fa e altre che non fa, e di solito non è molto difficile individuare le une e le altre.. Ma è spesso penoso fare la scelta.
Il fatto che tali uomini scelgano la via dell’onore in un mondo che ne è privo, li rende eroici.
Come per molte cose essenziali all’uomo, l’onore è indefinibile ma facile da riconoscere.
L’eroe hard-boiled, pertanto, appartiene non alla tradizione marxista ma a quella cavalleresca (tradizione che condivide). Le sue imprese sono affermazioni solitarie. Aderisce ad un codice morale privato, senza il quale nessun altro codice ha senso per lui. E riafferma costantemente il suo codice per conto di gente che non ne ha uno.
E’ l’ultimo gentiluomo…”

T. F.

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